Mamma mi fa una sega

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Mamma mi fa una sega

La mia mamma non è felice. È il simbolo della donna moderna benestante, quella che è rimasta di una ragazza che si è impegnata per tutta la vita per costruire una carriera e una famiglia, ma ora, alla soglia dei 47 anni, si trova intrappolata in un lavoro che non le dà soddisfazioni da troppo tempo. A casa, è vista solo come una donna delle pulizie. Mio padre non è un buon marito; non l’ho mai visto darle attenzioni o aprirsi con lei se non in rari momenti in cui è stato sopraffatto dai problemi lavorativi. Fisicamente, si è lasciato andare ben prima di quando avrebbe dovuto e, a 49 anni, è ben al di sopra del peso normale, a differenza di lei che cerca sempre di tenersi in forma nonostante il poco tempo a disposizione per farlo.

Penso di essere l’unica persona con cui mia mamma ha un dialogo sano. Sono l’unico, che io sappia, a fermarmi ad ascoltarla e a lasciarla sfogare (un’abitudine che ho preso fin da quando ero piccolo, visto che sono figlio unico). Ma essendo uno studente fuori sede, ormai ci vediamo solo una decina di volte all’anno, e tra una visita e l’altra è difficile mantenere vivo il rapporto. Per questo cerchiamo sempre di rendere speciale ogni ritrovo.

Il 2020 è stato un anno particolare, che se non fosse stato per gli ultimi avvenimenti, probabilmente avrei odiato. La chiusura della mia università mi ha permesso di tornare a casa un mese prima del solito, concedendomi la possibilità di trascorrere più tempo con lei. Approfittando dello smart working, mia madre mi ha proposto di trascorrere qualche giorno insieme nella casa in montagna, giusto per festeggiare il mio ritorno con quella piacevole sensazione di libertà e di fuga dalla routine che solo un weekend di riposo può dare.

Sentendo parlare delle recenti nevicate, ho accettato più che volentieri. Così, una volta preparate le valigie, siamo partiti, arrivando giusto in tempo per mangiare una pizza insieme, godendoci il tepore della stufa e chiacchierando del più e del meno. Ci siamo chiesti se tutta la neve sul vialetto non sarebbe potuta diventare un problema il giorno successivo, in caso durante la notte si fosse congelata.

Mi sono reso conto di essere l’unico in grado di fare quel lavoro e così ho preso la pala e il sale dal garage per liberare il percorso nel nostro piccolo giardino. Tornando dentro, troppo stanco e freddo per prestare attenzione agli scarponi ancora bagnati, sono scivolato a metà delle scale, cadendo per una decina di gradini. Nonostante il dolore, sono riuscito a salire e a raccontare come avessi pulito il vialetto, anche se ho menzionato anche la mia caduta e ho detto che avrei fatto una doccia per sciogliere i muscoli prima di andare a letto.

Dopo una lunga doccia calda, mi sono messo davanti allo specchio, con solo un asciugamano annodato intorno ai fianchi che copriva fino a metà coscia, per osservare i lividi che si stavano già formando sull’anca e sul ginocchio della mia gamba destra, oltre che sulla spalla sinistra.

Poco dopo mia madre è entrata nel bagno. “Come va? Ti fa ancora male?” mi ha chiesto, appoggiando istintivamente una mano sul livido della spalla e ritraendola subito dopo aver visto la mia smorfia di dolore. “Sono stato un idiota a cadere così, mi sa che ci vorrà qualche giorno prima che il dolore passi. Guarda, sono già tutto segnato”, ho risposto mentre lei iniziava a cercare nell’armadietto accanto al lavandino. Non ci è voluto molto per trovare un tubetto di pomata a metà, che era lì da chissà quanto tempo. “Prova a spalmarti questa, magari se la metti subito aiuti a guarire più velocemente. Massaggiare le botte aiuta a farle sparire prima”, mi ha detto.

Non troppo convinto, ho preso la pomata con un sospiro, borbottando “che noia, odio le creme”. “Dai, ti do una mano a spalmarla così ci mettiamo meno e puoi andare a letto prima, che sarai stanco”, ha risposto lei. Dopodiché, ha abbassato la tavoletta del wc e si è seduta sopra, indicandomi di avvicinare lo sgabello accanto a me in modo che potessi sedermici sopra. Mi ha poi chiesto di iniziare a spalmare la crema sulla spalla e di allungare la gamba destra verso di lei, in modo che potesse prendersi cura del mio ginocchio.

Piacevolmente sorpreso dalla sua iniziativa, ho colto l’occasione per minimizzare l’incidente, scherzando su come qualche chilo in più mi avrebbe potuto salvare da questi traumi, e ridevo di come fossi stato sciocco a cadere così rovinosamente a quell’età.

Dopo alcune risate, ho realizzato che il massaggio che mia madre mi stava facendo stava avendo un certo effetto su di me e che stava iniziando a comparire una sagoma inequivocabile al centro dell’asciugamano, mi si stava indurendo il cazzo.

La sua mano si muoveva in maniera molto delicata, stuzzicandomi e risalendo lentamente ma in maniera decisa verso il mio inguine, mentre non riuscivo ad evitare che il mio respiro accelerasse e che le cosce iniziassero ad aprirsi spontaneamente, mentre la consapevolezza di quanto tutto ciò fosse sbagliato spariva dietro alla libidine che montava sempre di più.
“Deve essere dura per un ragazzo della tua età”, diceva mentre la sua mano era ormai pericolosamente vicina a ciò che speravo afferrasse il prima possibile, “tutti questi mesi senza qualcuno che potesse aiutarti a sfogarti un po’, a strofinartelo da solo pensando a chissà cosa”.

Ormai l’eccitazione si era completamente impossessata di me, costringendomi a spingere in avanti il pube mentre la mia fronte iniziava ad imperlarsi di sudore, quando finalmente sentii le sue dita calde stringermi il cazzo. Non sono riuscito a trattenere un gemito, quando lei mi ha fissato negli occhi dicendo “dai non è nulla di nuovo, sai quante altre volte l’ho toccato per lavarti quando eri piccolo?” mentre iniziava a muovere la mano su e giù. Ho chiuso gli occhi godendomi quel momento di piacere, sussurrando un timido “m-mamma…” senza riuscire a continuare la frase. “Se inizi a comportarti da uomo di casa devi aspettarti anche le ricompense che spettano all’uomo di casa. Non ti piacerebbe avermi così ogni sera?” mi ha chiesto mentre iniziavo a sussultare per l’aumentare del piacere, la sua mano che continuava imperterrita e sempre più veloce, ancora nascosta dall’asciugamano che ormai era risalito fino quasi ad espormi. Dopo qualche minuto di silenzio interrotto solo dal mio ansimare, ha accarezzato con la mano sinistra il mio scroto, supplicandomi “vieni per me, piccolo. Fai questo regalo alla tua mamma”. Non sono riuscito a trattenermi e sono esploso nella sua mano, stringendo lo sgabello mentre le mie gambe si abbandonavano a dei leggeri spasmi, la sua mano a masturbarmi fino a svuotarmi completamente, per poi staccarsi dopo avermi strofinato per qualche secondo il glande coperto di sperma con il pollice. Ha poi ritratto la mano da sotto l’asciugamano, mostrandosi compiaciuta nel vedere la sua mano sporca del mio seme fino a metà avambraccio, alzandosi e fermandosi a darmi un bacio sulla fronte prima di andare a lavarsi le mani. Io sono rimasto a fissarla mentre non riuscivo a dire né pensare niente, ancora col respiro affannoso mentre cercavo di capire cosa fosse successo e cosa avrei dovuto dire, ma anche questa volta la sua risposta mi ha anticipato: “dai, datti una pulita e mettiti qualcosa addosso, ti aspetto nel lettone visto che a quanto pare ti piace fare l’uomo di casa”. E con un occhiolino malizioso, è sparita dal bagno.

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